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domenica 16 ottobre 2016

Referendum e DEF cartine di tornasole di una sinistra fuori dal tempo e dalla storia


E' proprio vero, quella dei D'Alema, dei Cuperlo, dei Civati, dei Fo (figlio), e l'elenco potrebbe continuare, è una sinistra (?) vecchia, miope, legata ad un tempo ed ad una società che non c'è più. Una pseudo-sinistra antica fuori dal tempo e dalla storia, fuori dai quartieri, dalle periferie ed immersa nei salotti, adagiata su soffici cuscini.
Una sinistra (?) che non si vergogna a stare in compagnia dei vari Fini, Pomicino, De Mita, ecc. Ma non perchè ci sia qualcosa da vergognarsi, ma perchè era proprio questa sinistra e i suoi rappresentanti di ieri a dire, anni fa, che era esecrabile accompagnarsi con cotanta "destra" famigerata.
Una sinistra ideologica e conservatrice che coglie solo dopo decenni i cambiamenti della società; successe così col referendum sulla scala mobile, con gli accordi dei primi anni '90 tra Governo e Sindacati, con Tarantelli, con Marco Biagi, con lo stesso Statuto dei Lavoratori, al suo varo avversato dall'allora PCI.

Una sinistra che non riconosce neanche i gravissimi errori fatti durante gli anni del suo Governo, come ad esempio la riforma del Titolo V studiata dal II Governo D'Alema e varata dal Governo Amato. Una Riforma che ha dilaniato interi settori economici come il Turismo e ha parcellizzato settori strategici di welfare come la Sanità.  Scelte fatte per sterilizzare e sopravanzare le novità politiche del momento, allora era il tempo del Federalismo della Lega e così la Sinistra ebbe la grande idea di scavalcarla a Destra con la riforma del Titolo V.

Oggi siamo al solito schema con il NO al Referendum sulla Riforma Costituzionale e con le critiche al DEF varato dal Governo Renzi. 

Una Riforma che non intacca il "cuore" della Costituzione ma che cerca di migliorare quelle parti che gli stessi padri costituenti reputavano dovessero migliorarsi già decenni fa, in quanto frutto di mediazioni. Migliorarla ad esempio riducendo il numero dei parlamentari ed eliminando, finalmente, un bicameralismo perfetto che ha solo prodotto ritardi normativi in un mondo che ormai si sviluppa e cambia con una velocità che, nel secolo scorso, non era neanche immaginabile.

Anche sul DEF 2017 hanno qualcosa da dire, stando in buona compagnia con le opposizioni "naturali", quali la Lega, i Brunetta, ecc. Poco importa se finalmente si è ricominciato a discutere e negoziare con i Sindacati Confederali, se si prevedono il finanziamento dei contratti di lavoro del pubblico impiego (dopo anni di mancati rinnovi) o il rifinanziamento di un settore strategico per la civiltà di un Paese, qual'è la Sanità. Non importa poi se si riparla e si creano le prime modifiche alla Legge Fornero, consentendo una maggiore flessibilità dell'uscita dal mondo del lavoro, l'importante è criticare alla Travaglio.

Certo tutto è migliorabile, ma dopo anni di "gioco in difesa" dei nostri Governi, finalmente un pò di sano attacco, fatto anche di contestazione alle politiche economiche dell'UE e della Germania (restrittive quando si parla delle altre Nazioni....). Ma sopratutto finalmente l'inizio del ritorno di interventi pubblici (defiscalizzazione, investimenti ecc) sull'economia dopo anni di teorizzazioni di un mercato liberalizzato in maniera selvaggia e senza necessità di controllo dello Stato. Una politica economica, che ha distrutto il ceto medio e ha concentrato nelle mani di pochi la ricchezza di un Paese ed ha creato milioni di poveri.
Ai D'Alema io preferisco i Peppone ed i Pipetta.

giovedì 25 agosto 2016

Terremoto: la solidarietà vince sull'egoismo




E' proprio vero il nostro è un Paese "strano". L'individualismo impera nella quotidianità di ognuno e di tutti, ma nel momento del disastro scatta quella solidarietà che ti fa sperare in un futuro migliore e più "comunitario".

Per chi crede nel Dio che ha mandato il proprio figlio per salvare il mondo attraverso il martirio della croce, è la dimostrazione che il bene trionfa sul male sempre e non solo alla fine dei tempi.

In questi giorni gli esempi di sacrificio, di solidarietà, di capacità di "donarsi"  e di donare hanno raggiunto livelli che giorno dopo giorno superano ogni immaginazione. A tutto questo si aggiunge la splendida capacità organizzativa della protezione Civile, dei Vigili del Fuoco, della Polizia, dei Carabinieri, di tutte le forze dell'ordine e di un volontariato che è la vera ricchezza del Paese.

Si smentiscono così quelle teorie  secondo le quali le persone sono individui egoisti che si muovono e agiscono solo per i loro interessi individuali o al massimo di gruppo. In questi giorni abbiamo visto che tale teoria è falsa e che l'agire di migliaia di persone per il bene degli altri e in genere della comunità dona emozioni e azioni che nessuna gratificazione in denaro potrà mai dare. 

E' indubbio che accanto a questo grande cuore che dimostra il Paese, casi di bieco sciacallaggio politico o pseudo-tale da parte di una sub-cultura populista e razzista emergono in tutto il loro squallore sui social, con richieste di cacciare uomini e donne di altra nazionalità dagli alberghi per fare posto agli sfollati del terremoto. Ignoranza, abbrutimento etico, sciacallaggio di basso livello producono questi mostri del web che fortunatamente lo stesso web ha respinto e isolato.

Resta il problema della messa in sicurezza del patrimonio edilizio del Paese, sia privato che pubblico che può diventare strumento di sviluppo economico dello stesso Paese. L'edilizia, com'è noto è un volano eccezionale per l'economia; abbiamo un patrimonio architettonico, artistico e culturale enorme concentrato nelle grandi città, ma molto diffuso in centinaia di paesini medioevali ed in intere regioni che hanno subito dominazioni dalla greco-romana alla normanna. Ogni terremoto, ogni alluvione, distrugge patrimoni immensi sia di abitazioni che di cultura e di arte.

Non è più possibile non pensare di mettere in sicurezza tale patrimonio pubblico e privato con strumenti più incisivi e con agevolazioni fiscali e finanziamenti meno diluiti nel tempo (oggi 10 anni) per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio privato e con interventi mirati di consolidamento delle strutture pubbliche come ospedali e scuole, solo per fare alcuni esempi, che non possono non rimanere in piedi in caso di terremoti.

mercoledì 27 luglio 2016

Gocce di Libertà: Terrorismo2.0: necessità di diversi strumenti di l...

Gocce di Libertà: Terrorismo2.0: necessità di diversi strumenti di l...: Terrorismo2.0: necessità di diversi strumenti di lotta Un prete sgozzato selvaggiamente, un'altra vittima di questo confine sottili...


Terrorismo2.0: necessità di diversi strumenti di lotta

Un prete sgozzato selvaggiamente, un'altra vittima di questo confine sottilissimo tra pazzia e terrorismo. Ormai  o direttamente - con aerei, camion, coltelli, pistole - o indirettamente, attraverso la paura che si impadronisce di ogni cittadino, l'Europa e il mondo Occidentale è colpito, terrorizzato dai colpi di una guerra che non segue più i canoni tradizionali dello scontro tra eserciti e quindi ancora più temibile, perché poco conosciuta.
Siamo abituati e sostanzialmente assuefatti ed indifferenti alle bombe lontane da noi, alle bombe e al c4 di Beirut, Kabul, Istanbul, Bagdad, quelle che non mettono in discussione la nostra vita, ma quella di altri, e per alcuni la vita di altri che meno sono e meglio è.... 
Tutto questo finisce col creare una richiesta politica che sempre di più diventa populista e xenofoba, credendo così che attraverso leader, più che mediocri, sarà possibile sconfiggere l'Islam e la Jade. 
Pura illusione. Si tenta di esorcizzare inutilmente, aggravando così una situazione già grave.
Si invocano "uomini forti" nell'illusione che uno Stato di Polizia risolva le cose spazzando via la paura che attanaglia le nostre viscere, senza rendersi conto che il terrorismo2.0 ormai ha - purtroppo - la capacità di colpire nelle zone sguarnite da forze di polizia, come è avvenuto con l'ultima incursione in chiesa, in un paese remoto della Normandia, non certo a Parigi.
Si è disposti a cedere pezzi di libertà in nome della sicurezza senza rendersi conto che a tale disponibilità corrisponde sempre - come dimostra la Storia - l'avvento di totalitarismi e sangue.
La politica sana deve recuperare il suo ruolo vero, combattendo le emarginazioni e le povertà delle nostre città, del nostro Paese e dei ghetti del mondo dove vivono gli emarginati del pianeta, gli emarginati che percorrono migliaia di km o attraversano con un gommone il mare che spesso li inghiotte. Ad un terrorismo2.0 bisogna anche contrapporre, non eserciti in piazza, ma Intelligence2.0, capace di prevenire piuttosto che unicamente reprimere.
Per far tutto ciò, anche l'Europa deve recuperare i propri valori, quei valori che decenni fa la fondarono facendola diventare la vera speranza dei popoli, che per secoli si erano scontrati e massacrati con guerre infinite. Solo così si potranno sconfiggere non solo il terrorismo, ma anche quei populismi e quei rigurgiti di rinascita di destre estreme che vogliono minare l'unità dei popoli che nei decenni si è raggiunta, sfruttando lo scontento e la paura dei cittadini dei singoli Paesi e degli strati di società che progressivamente si impoveriscono e vedono l'altro come il nemico che toglie lavoro e piazza bombe. 
E' però anche certo che l'Islam moderato deve condannare con forza questi atti tremendi e irresponsabili, alzando forte la propria voce e riaprendo un dialogo interculturale e interreligioso, capaci di riscoprire ciò che ci unisce e non ciò che ci divide.


sabato 9 luglio 2016

Un pugno che uccide la società buona



Come si fa a sferrare un pugno ad un uomo perché difende la propria moglie o una donna qualsiasi? Come si fa a considerare nemica una persona, solo perché ha il colore della pelle diverso dal mio? Come si fa a considerare la propria donna inferiore all'uomo e per questo picchiarla a sangue fino a sfregiarla o ucciderla? Come si diventa cecchino e si spara per uccidere in una cittadina americana che già vide l'omicidio di JFK?

Interrogativi tremendi che spesso sfociano in risposte che addebitano alla follia individuale la responsabilità di delitti così efferati. Ma è frutto di pazzia o di una "malattia sociale" che invade spesso la sfera personale e sociale?

Questo odio, questa violenza producono altro odio e altra violenza, cioè diventano funzionali alla cultura della contrapposizione che ormai domina ogni anfratto della nostra vita.

E' la logica strisciante del male che progressivamente si impadronisce delle nostre azioni, dei nostri desideri, del nostro modo stesso di intendere la vita.

Come ho avuto già modo di scrivere, domina l'individualismo più esacerbato. Troppo spesso abbiamo creduto che dal liberismo nascesse la nostra sicurezza basata su una produzione della ricchezza infinita. Mai errore fu così grande. E' tempo di ripensare a un intervento pubblico capace di debellare le insicurezze personali dando risposte collettive ai problemi primari di questa nostra società ed in particolare alla morsa della paura, alla disoccupazione ed alla povertà di massa.

Siamo riusciti a privatizzare anche l'utopia, cioè quel valore che nel secolo scorso aveva guidato collettivamente, nel bene e nel male, intere generazioni di giovani, compresa la mia, nella convinzione che la rivoluzione e del cambiamento del mondo prima con la pace e poi  - drammaticamente - con la P38. 

Il nostro modello non è più una società buona ma "una vita buona", troppo spesso non tendiamo al bene pubblico ma all'appagamento personale, non comprendendo che la libertà personale non può che essere frutto solo di un impegno collettivo.

Questo si manifesta spesso anche col voto che non è riferito al perseguimento di una città più a misura d'uomo per tutti, di un Paese che rispetti chi lavora per creare ricchezza collettiva; così vince spesso il populismo, il razzismo "elegante", che a parole dichiara di rispettare il diverso ma che nei fatti lo perseguita e lo vuole distruggere.

In questa logica il metro di misura non è la vita umana ed il rispetto per essa, ma piuttosto - ancora una volta - la contrapposizione: "perché ci si scandalizza se un bianco uccide un nero, quando anche i neri uccidono i bianchi?" L'orizzonte interpretativo è l'odio, la contrapposizione, l'occhio per occhio, perdendo di vista che sia il bianco che il nero sono persone con sentimenti, legami, famiglie, amori, vite condivise. 

Non sono scimmie, né se anche discendessimo dalle scimmie - come vorrebbero alcune interpretazioni della teoria dell'evoluzione per selezione naturale - saremmo privi di un'anima. Siamo persone che esistono e vivono solo se si pongono in relazione con gli altri, che vivono bene solo se hanno obiettivi collettivi, affetti comuni. Considerare l'altro come diverso porta inevitabilmente a populismi, anticamera di totalitarismi. Ma non tutto il mondo fortunatamente è così, c'è ancora chi crede profondamente al riscatto dei più deboli, dei più bisognosi, c'è ancora chi non li usa citandoli solo in campagna elettorale, ma lavora per il loro riscatto.

venerdì 24 giugno 2016

Brexit, una sconfitta tutta europea



Quello che sta succedendo in Italia con i 5stelle, in Europa con Bretix e spero non succederà con Trump tra qualche mese in USA,  mi dà tanto la sensazione di una sorta di rivoluzione silenziosa dei più poveri e per poveri non intendo solo quelli che nel secolo scorso erano considerati tali, ma anche i nuovi poveri, cioè tutta quella fascia di popolazione che un tempo era chiamata ceto medio.

Le politiche di contenimento estremizzate e imposte da Berlino, hanno prodotto questa ribellione, dai quartieri periferici delle grandi città, alla parte contadina della ricca Inghilterra, passando per l'ideologia di estrema destra populista alla Le Pen.

L'insicurezza nel domani di larghi strati della società ed in particolare i più anziani come dimostra l'analisi del voto Brexit, con le fasce di età al di sopra dei 40 che hanno votato OUT. Gli anziani hanno deciso per i giovani e lo hanno deciso per la loro insicurezza, dettata dalla globalizzazione, e dalla paura di ciò che non si conosce, cioè dell'altro, del diverso, dell'immigrato.

E' un'altra sconfitta per la solidarietà planetaria, a favore di un egoismo nazionalista che cresce e monta; un sentimento che si sviluppa in Italia, in Austria, in Ungheria, in Inghilterra, in Francia e che farebbe tornare indietro di un secolo questa Europa, al secolo dei protezionismi, dei populismi e dei nazionalismi che hanno devastato le nazioni con il sangue delle guerre e le atrocità e le morti dei gulag e dei lager.

Paradossalmente il desiderio di "comunità" dei singoli si esprime nel rivivere il nazionalismo (vogliamo auto-determinarci, non vogliamo che l'europa decida per noi, ecc.), ma si trasforma in individualismo quando il voto implica scelte di politica internazionale.

Ormai vince l'egoismo, l'egoismo di Cameron che credeva così di rafforzare una leaderchip molto debole, nonostante fosse riuscito, solo poco tempo fa, ad ottenere altri privilegi per l'Inghilterra da parte dell'UE ed anche l'egoismo e l'individualismo dettati dalla paura, dei tanti inglesi che hanno votato out.

Ciò non significa che le colpe sono da addebitarsi totalmente a quell'isola al di là della manica, gravi colpe ha l'UE e quindi anche chi ne è stato il motore.

Forse è il tempo di passare da un'Europa unicamente o maggiormente economica ad un'Europa politica e sociale, con politiche moderatamente espansive, in tal senso, ad esempio, non si capisce perché gli investimenti degli Stati debbono entrare nel calcolo de deficit.

Un'Europa unita può rinascere se si recuperano i valori e l'idealità che la fondò; si potrebbe cominciare a farla guidare da veri leader politici e non da Commissari politici.

lunedì 20 giugno 2016


5Stelle: una vittoria annunciata


Ormai è chiaro, il voto di domenica rappresenta la vittoria di un nuovo modo di sentire e vivere la politica. Non ci sono più appartenenze politiche o ideologiche che tengano, esse rappresentano ormai una minoranza risibile. Si vota perché si chiede alla "politica" di poter stare bene nella città, nel Paese, nel mondo in cui si vive. 

Basta filosofia politica pura, si vota per avere servizi pubblici efficienti, strade senza buche, autobus puntuali, metro funzionanti, asili nido usufruibili, ecc. e si vota ancora molto per protesta; le stesse vittorie di Roma e di Torino al secondo turno dimostrano che i voti di opposizione di destra sono confluiti sui candidati pentastellati. Anche Napoli, anche se si tratta di una riconferma, è un voto di protesta che però si radica in anni di amministrazione giudicata positivamente. Paradossalmente anche a Milano, la gente, gli elettori hanno votato un manager e non un politico e prima di lui avevano votato un uomo fuori dagli schemi della "politica tradizionale".

Centro-destra e centro-sinistra rappresentano sempre di più ricordi passati e sbiaditi, in queste aree politiche o nasce una vera alternativa in termini di programmi politici e di uomini e donne nuove o scompariranno al prossimo stormir di foglie.

Le persone, le famiglie, hanno gridato che non ne possono più, sono disilluse, depresse, stremate dalla disoccupazione, da città invivibili, dall'incertezza e dalla paura per un futuro nebuloso e insicuro e si aggrappano a quella che reputano l'unica speranza a cui aggrapparsi, il movimento 5stelle o proposte politiche simili.

Votano due giovani donne, per guidare due grandi metropoli, anche questo è un segno di profondo cambiamento del sentire politico, un sentire che pone al centro l'etica popolare che condanna la corruzione e quindi premia i volti "senza macchia e senza paura".

Ma la dura realtà prenderà il posto alla giusta felicità che in queste ora le elette e gli eletti  vivono; presto le prime cittadine dovranno affrontare gli enormi problemi di città che non funzionano come Roma o che hanno detto non funzionare come Torino.

Alla prova dei fatti vedremo se la linea politica della campagna elettorale sarà applicabile e applicata o se le prime file rivoluzionarie saranno sacrificate in favore di mediazioni con i poteri costituiti. Vedremo se la verve rivoluzionaria farà piazza pulita di tutto ciò che ha rappresentato il peggio in città come Roma. Io mi auguro che le promesse elettorali si concretizzino sempre quando vengono premiate dal voto e questo non vale per il movimento 5stelle, ma per tutti i vincitori che hanno ricevuto il consenso in base a quelle promesse.

Ciò che manca veramente in questo Paese è una forza moderata che si rifaccia interprete delle esigenze popolari, profondamente radicata nel popolo che viva in mezzo al popolo, senza populismi e scevra da legami con i poteri forti. Una forza con grande idealità e programmi economici capaci di dare risposte alla grande richiesta di lavoro, di sicurezza e di servizi efficienti.

mercoledì 15 giugno 2016


Violenza e follia non annullano la paura e non danno la felicità


Sembra che la follia si stia progressivamente impadronendo del mondo. Un mondo nel quale, sempre di più, vivo male e non credo sia solo una mia sensazione.

Una follia spesso individuale ma che ormai ha le caratteristiche di follia collettiva. 
A Giulianova si pianta un coltello nel cuore di chi non ha dato la precedenza in auto; un professionista spara due colpi di pistola alla moglie, la uccide e subito dopo si lancia nel vuoto suicidandosi; un ennesimo femminicidio che si aggiunge ai tanti che da gennaio di quest'anno si sono compiuti. A Orlando un giovane entra in un locale e uccide 49 persone e ne ferisce decine; a Parigi un uomo uccide una coppia di poliziotti in nome dell'Isis; pregusti la visione di una partita di calcio e spesso essa è preceduta da scontri e violenze degli hooligans che sfogano la propria pazzia sulla città, sui beni comuni e su quelli privati.

Una follia che anche nel quotidiano di ognuno ha le sue radici. Quella quotidianità che spesso è fatta da momenti di pazzia, di violenza, di odio nei confronti dell'altro, peggio ancora se lo consideriamo un diverso, sia esso un uomo o una donna di colore, un gay o un barbone.

Uscire di casa, sopratutto nelle metropoli, è spesso come andare in guerra. Nello stesso condominio non ci si saluta quando ci si incontra, monti in macchina o in moto e cominci a lottare con chi ti taglia la strada o con chi reputa il codice della strada una norma da applicare secondo le proprie esigenze; giungi al lavoro e spesso anche lì è una sorta di lotta aperta tra colleghi per la difesa del proprio posto, non dall'imprenditore, ma dai colleghi stessi; torni a casa riprendendo la lotta con gli altri automobilisti e giunto sotto l'appartamento dove vivi non trovi un posteggio per parcheggiare e ancora rabbia, ira, che spesso si scarica sugli altri. 

Questa violenza urbana - unitamente alla disoccupazione, particolarmente giovanile, e ad una vecchiaia insicura (pensioni al minimo, solitudine, costo delle cure mediche, ecc.) - è uno dei motivi principali dell'ansia e dell'infelicità delle persone.

Così tutto ciò che è "forestiero", invadente, produttore di pericoli è da "eliminare", da togliere di mezzo, da bloccare secondo l'intensità della minaccia avvertita.

La follia individuale crede di potere salvarsi agendo con violenza, in una sorta di difesa aggressiva, un ossimoro che non funziona proprio perché in un mondo globalizzato siamo tutti interdipendenti, lo eravamo nel piccolo villaggio di un tempo, o nel condominio di oggi, figuriamoci in questo mondo sempre più villaggio globale. Ne consegue che nessuno è padrone del proprio destino; solo collettivamente gran parte delle risposte alle domande individuali di sicurezza e di felicità potranno essere date, l'alternativa è la violenza e la follia.

mercoledì 8 giugno 2016

Ballottaggi tra individualismo e comunità sociale


Con le elezioni di domenica scorsa è finita un'altra fase politica di questa Repubblica (seconda, terza?).
Un tempo votare DC o PCI, era l'espressione di un'adesione totalizzante ad un modello di vita. Non si aderiva solo ad un partito e lo si votava, si abbracciava una cultura, uno stile di vita. I DC di tutti gli strati sociali, dagli operai all'alta borghesia, andavano a messa, credevano nella persona inserita in un contesto relazionale e comunitario, credevano al libero mercato ma anche alla solidarietà e alla giustizia sociale. I comunisti non votavano solo il PCI, quel partito rappresentava la propria casa, i propri sogni, le proprie aspettative di riscatto. Anche in loro vi erano radicati i valori della solidarietà e della giustizia sociale, quei valori comuni che avevano unito tutte le brigate partigiane, sia quelle bianche che quelle rosse, contro il nemico comune il Nazi-Fascismo.

Col crollo della prima Repubblica sotto i colpi del Pool di mani pulite, che purtroppo non ha pulito nulla, anzi...., iniziò l'era del berlusconismo e della trasformazione del PCI in PDS, DS, fino al PD. E' il tempo della fine delle ideologie o forse dell'annacquamento delle stesse; padre Sorge decreta la morte del voto unico dei cattolici e il PCI, crollato il muro, deve recuperare una diversa immagine e deve allontanarsi velocemente dalla vecchia ideologia.

Forza Italia prima e PDL dopo riescono a raccogliere intorno a sé i "pezzi" di elettorato che non si riconoscono nel PCI o meglio nella cultura comunista, se pur all'italiana, memori anche degli anni di piombo del terrorismo rosso e riescono a farlo sdoganando anche la destra storica nata dal MSI e che con Fini prende progressivamente le distanze dal terrorismo nero, anch'esso violento e stragista (Stazione di Bologna, ecc.) e la Lega secessionista. Il PCI si trasforma per non morire, sfiorato come fu da Mani Pulite. Ma piano piano  si trasformano non solo e tanto i nomi e la natura dei partiti storici, con la scomparsa di alcuni, è sopartutto l'elettorato che si trasforma.

Non si aderisce più ad un modello di vita incarnato in questo o quel partito, non si vive più per un ideale, sempre di più l'individualismo comincia a dominare; dalla solidarietà "mangiata" a colazione, pranzo e cena, si passa all'individualismo e quindi al predominare degli interessi personali, sugli interessi collettivi. Anche in pezzi importanti del centro-sinistra si fa strada una cultura individualista che produce i tanti scandali fino a Mafia-Capitale.

Si giunge così ad oggi con un'"esplosione" di partiti e partitini, che si contendono i voti per la vittoria dei ballottaggi, non classificabili come un tempo in due schieramenti. A Milano si contendono la poltrona di sindaco un rappresentante dello schieramento di centro-sinistra (è ancora valida questa definizione? Credo di no.) e un rappresentante del centro-destra (è ancora valida questa definizione? Credo di no.). A Torino, come a Roma, la contesa è tra il centro-sinistra (continuiamo a definirlo così) e i pentastellati. A Napoli tra un sindaco uscente eletto a suo tempo da una coalizione "rivoluzionaria" ed oggi sostenuta da varianti della stessa e un uomo voluto da Berlusconi. In questo scenario, paradossalmente, se si guarda con le vecchie lenti della prima Repubblica, il PD vince nei centri storici delle grandi metropoli e perde nelle periferie, un tempo regno del PCI. Nelle periferie vincono i partiti di protesta, di "lotta", quei partiti che parlano alla "pancia", più che al cuore e al cervello.

Credo che il voto, oggi, così come molte delle espressioni personali della vita è il risultato dell'insicurezza, della paura del proprio domani sia esso economico, lavorativo che la paura e l'insicurezza sui rapporti interpersonali. Ci sentiamo soli dentro un mondo fatto di flessibilità, liberalizzazioni, endemica incertezza e competitività.

Questa ansia la viviamo da soli, sembra che essa ci sfida individualmente, cogliendo i fallimenti personali e sottolineando le incapacità personali. Così siamo convinti che solo una salvezza individuale possa salvarci dai problemi comuni.

Così la rabbia individuale, nata dall'insicurezza, particolarmente presente negli strati più bisognosi della società, scatena questa ribellione verso i partiti che hanno governato, nella speranza di una panacea di tutti i mali attraverso il "nuovo" che avanza.

E' auspicabile che queste elezioni siano da insegnamento per tutti quei partiti che vogliono ritornare a stare vicino alla gente e che lo facciano recuperando i valori di solidarietà e giustizia sociale, ma anche dando più sicurezza, sopratutto occupazionale alle giovani generazioni.

sabato 4 giugno 2016


Benigni, Fo e il rispetto delle idee altrui



La valanga di critiche che si sono riversate su Benigni, per aver "osato" affermare che  a ottobre voterà SI, la dice lunga sul perpetuarsi di una sorta di egemonia culturale di gramsciana memoria, fuori dal tempo e dalla storia, che continua ad esistere ed a perpetuarsi anche nel terzo millennio.

Una pseudo cultura che non ammette che un uomo un tempo icona della sinistra, quell'uomo che prese in braccio Enrico Berlinguer, possa "tradire" le sue radici, il suo passato, la sua militanza comunista (?). Da tale assunto si passa agli insulti, ai veti, ai tentativi di far passare la dichiarazione di Benigni come quella di qualcuno che si è venduto al potere costituito.

E' sempre la solita storia: criminalizzare "chi non la pensa come me".

La cosa preoccupa ancor di più quando tali affermazioni escono dalla bocca o dalla penna di un premio Nobel; ma oltre a preoccupare esse fanno comprendere come ormai questo modo di pensare attraversa orizzontalmente una parte significativa dello schieramento politico che va dai pentastellati, passando dalla minoranza Dem, fino ai Fassina.

"Chi non la pensa come me" si trasforma in nemico da abbattere e non ha importanza cosa ha fatto e cosa ha dato per lungo tempo alla cultura, all'arte e al Paese, deve "scomparire" come uomo di spettacolo, come uomo di cultura, come premio Oscar.

Purtroppo, questa pseudo cultura progressivamente si è affermata e si continua ad affermare in larghi strati della società e abbandonando la veste intellettuale su cui si era fondata, resta nuda con le proprie bassezze, con il proprio odio verso l'altro, con la propria incapacità di accettare l'altro così com'è, anche con idee, pensieri, esperienze di vita che non si condividono ma che fanno si che il percorso esistenziale di ognuno sia rispettato per la propria ricchezza, anche se non se ne condividono le idee che a loro volta andrebbero rispettate, anche se non condivise.

Questa cultura dell'antagonismo, della contrapposizione distruttiva, della volontà di annullamento dell'altro, di "chi non la pensa come me", progressivamente si espande andando ad "ingrassare" posizioni politiche che incarnano tale rivendicazionismo sterile e purtroppo troppo spesso populista.

Tutto ciò porta inevitabilmente all'impoverimento culturale delle classi dirigenti, selezionate troppo spesso per la subalternità al Principe o all'aspirante Principe, più che per passione, capacità e preparazione.

Voglio credere che gli intellettuali, gli uomini di spettacolo, la classe dirigente in genere, e sopratutto i cittadini che voteranno SI lo faranno per convinzione profonda, non per servilismo o per rendiconto personale. Stessa cosa mi auguro valga anche per chi voterà NO. Solo ripartendo da profonde convinzioni e da formazione seria e finalizzata al bene comune si potrà tornare al confronto anche duro ma costruttivo e civile. 

mercoledì 1 giugno 2016

Violenza e individualismo


Un uomo uccide la sua ex fidanzata e le dà fuoco tra l'indifferenza e la "paura" dei tanti che passano e scappano, aggrappati al proprio egoismo, alla propria paura dell'altro, dell'ignoto, dello sconosciuto.

Un terrore, una paura, un egoismo che non solo non  fa scendere dalla macchina, chi passa dal luogo, per aiutare una donna urlante che chiede aiuto, ma che riesce non far fare una telefonata alle forze dell'ordine, per arginare quel fiume di violenza che dopo qualche minuto si sarebbe riversato su quella ragazza colpevole solo di aver lasciato un uomo (?) che finirà con lo scaricare su di lei la sua rabbia malata.

Non si tratta della violenza delle città, come commenti o posizioni politiche interessate  e strumentali vogliono far credere, è qualcosa di molto più preoccupante proprio perché attiene alla sfera culturale e quindi ad una delle parti principali del proprio essere.

Una cultura individualista e massificata che rifiuta la stessa idea di dolore per sé, ma che per non subirlo - paradossalmente - si è pronti ad infliggerlo agli altri.

Non importa poi se è una donna, anzi a maggior ragione e così quella cultura individualista dimostra un altro suo aspetto diabolico: la predisposizione verso la violenza sulle donne, fino al femminicidio.

L'egoismo, l'individualismo sono segni inconfondibili dell'insicurezza e dell'ignoranza che troppo spesso regnano in persone spesso culturalmente e psicologicamente fragili; proprio questa insicurezza sviluppa quella incapacità di  gestire i rapporti con gli altri e sopratutto con quelle donne che culturalmente hanno raggiunto da tempo un livello spesso superiore a quello maschile.

La stessa cultura che attraversa orizzontalmente anche chi non si è fermato per dare aiuto o non ha fatto una telefonata alla polizia o ai carabinieri. Una cultura che non riesce più a vedere l'altro come una persona, ma come un avversario, come un nemico che può farmi del male.

E' quella cultura che nei grandi complessi abitativi e nelle metropoli in genere, si trasforma nell'indifferenza tra i condomini di una stessa scala; la cultura del non-saluto quando ci si incontra, fino ai fatti estremi come vere e proprie risse condominiali, che giungono fino all'omicidio.

Siamo stati i sostenitori delle regole, delle norme, ma oggi solo quelle non bastano, anzi a volte sono "portatrici sane" di comportamenti "anomali" quando non criminali, forse è tempo di lavorare seriamente per una educazione civica da troppo tempo abbandonata.