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sabato 4 giugno 2016


Benigni, Fo e il rispetto delle idee altrui



La valanga di critiche che si sono riversate su Benigni, per aver "osato" affermare che  a ottobre voterà SI, la dice lunga sul perpetuarsi di una sorta di egemonia culturale di gramsciana memoria, fuori dal tempo e dalla storia, che continua ad esistere ed a perpetuarsi anche nel terzo millennio.

Una pseudo cultura che non ammette che un uomo un tempo icona della sinistra, quell'uomo che prese in braccio Enrico Berlinguer, possa "tradire" le sue radici, il suo passato, la sua militanza comunista (?). Da tale assunto si passa agli insulti, ai veti, ai tentativi di far passare la dichiarazione di Benigni come quella di qualcuno che si è venduto al potere costituito.

E' sempre la solita storia: criminalizzare "chi non la pensa come me".

La cosa preoccupa ancor di più quando tali affermazioni escono dalla bocca o dalla penna di un premio Nobel; ma oltre a preoccupare esse fanno comprendere come ormai questo modo di pensare attraversa orizzontalmente una parte significativa dello schieramento politico che va dai pentastellati, passando dalla minoranza Dem, fino ai Fassina.

"Chi non la pensa come me" si trasforma in nemico da abbattere e non ha importanza cosa ha fatto e cosa ha dato per lungo tempo alla cultura, all'arte e al Paese, deve "scomparire" come uomo di spettacolo, come uomo di cultura, come premio Oscar.

Purtroppo, questa pseudo cultura progressivamente si è affermata e si continua ad affermare in larghi strati della società e abbandonando la veste intellettuale su cui si era fondata, resta nuda con le proprie bassezze, con il proprio odio verso l'altro, con la propria incapacità di accettare l'altro così com'è, anche con idee, pensieri, esperienze di vita che non si condividono ma che fanno si che il percorso esistenziale di ognuno sia rispettato per la propria ricchezza, anche se non se ne condividono le idee che a loro volta andrebbero rispettate, anche se non condivise.

Questa cultura dell'antagonismo, della contrapposizione distruttiva, della volontà di annullamento dell'altro, di "chi non la pensa come me", progressivamente si espande andando ad "ingrassare" posizioni politiche che incarnano tale rivendicazionismo sterile e purtroppo troppo spesso populista.

Tutto ciò porta inevitabilmente all'impoverimento culturale delle classi dirigenti, selezionate troppo spesso per la subalternità al Principe o all'aspirante Principe, più che per passione, capacità e preparazione.

Voglio credere che gli intellettuali, gli uomini di spettacolo, la classe dirigente in genere, e sopratutto i cittadini che voteranno SI lo faranno per convinzione profonda, non per servilismo o per rendiconto personale. Stessa cosa mi auguro valga anche per chi voterà NO. Solo ripartendo da profonde convinzioni e da formazione seria e finalizzata al bene comune si potrà tornare al confronto anche duro ma costruttivo e civile. 

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